Nei giorni scorsi ho avuto modo di rivedere un amico che si occupa di consulenza in materia Lean production, questi mi raccontava come, nell’azienda in cui è stato chiamato dalla proprietà a fare consulenza i vari capi progetto con cui aveva pianificato gli incontri conoscitivi preliminari (prima di passare alla fase operativa) abbiano spesso cercato di rimandare gli incontri (adducendo motivazioni legate a urgenze lavorative!) e che abbiano sostanzialmente partecipato ai colloqui controvoglia e con insofferenza, cercando di far passare il messaggio che “va tutto bene, meglio di cosi’ è impossibile fare!”.
Come mai tanta ostilità quando la filosofia Kaizen ci tiene a sottolineare che il miglioramento continuo nell’azienda avviene con piccoli passi (quindi nessun consulente Lean production ha intenzione di rivoluzionare dall’oggi al domani l’azienda) e grazie al coinvolgimento di tutti i dipendenti (proprio perchè non ci sono soluzioni imposte dall’alto ma la soluzione si ottiene dal contributo propositivo di tutti)
Come mai allora tanta diffidenza dei dipendenti verso il lean thinking?
Beh, siamo di fronte ad una situazione “all’italiana”, dove chiunque ricopre un ruolo con delle responsabilità (caporeparto, capoprogetto, capodiqualsiasicosa!) o magari è abituato da anni a fare una cosa in quel modo (sbagliando!) subito intraprende un personale boicottaggio quando un esterno (sarebbe infatti difficile per un dipendente, troppo coinvolto in prima persona, guardare la realtà aziendale in modo critico) viene affidato il compito di riprogettare (snellire) i processi aziendali, o meglio, iniziare intanto a “visualizzarli” (e iniziare così la caccia agli sprechi) che tradotto significa cercare, spesso per la prima volta nella storia di quella ditta, di mettere ordine nell’azienda !
Questo compito viene chiaramente percepito dal dipendente come una intromissione nella propria attività o peggio ancora, come una “caccia all’untore” e una critica al proprio modo di lavorare.
E’ inaudito, secondo il dipendente, che un esterno possa dare suggerimenti a chi in quell’azienda lavora da sempre e che quindi ha esperienza da vendere, poco male se l’esperienza in realtà significa (ed è compito del consulente lean accorgersene) ripetere da anni le stesse operazioni che causano sprechi all’azienda!
Nella filosofia Kaizen le cose non stanno ovviamente così e la percezione del dipendente si rivela ben presto errata: il miglioramento continuo avviene non grazie a suggerimenti scesi miracolosamente dal cielo, ma grazie al contributo di tutti: ognuno porta la sua idea, che viene analizzata, messa in pratica e valutata. Non viene criticata la persona ma l’eventuale inefficienza nel processo produttivo che un modo di lavorare non ottimale (non efficiente, appunto!) provoca e la si corregge, rendendo piu’ snella (lean appunto!) l’azienda.
Tranquilli dunque: il lean thinking non prevede nessuna pubblica fustigazione per chi finora non ha lavorato in modo “snello” quindi, semplicemente una occasione per tutti di migliorare continuamente, nell’interesse dell’azienda, dei clienti..e anche dei dipendenti, cosa che di questi tempi non è poco.
Se in azienda quindi qualcuno non accetta il cambiamento, sicuramente dopo aver visto i primi risultati portati dall’introduzione della lean production cambierà idea (magari senza ammetterlo davanti ai colleghi!), continuare a fare ostruzionismo sarebbe solo sintomo di un comportamento infantile e che danneggia l’azienda..e di questi tempi in cui la riduzione degli sprechi diventa un obbligo per l’azienda, non è proprio il caso.
Sante Parole