Nel corso di queste settimane di distanziamento sociale, necessarie per fronteggiare la diffusione di Covid-19 ; molti di noi hanno dovuto fare i conti con la necessità di organizzare,in tempi molto brevi, videolezioni con i propri studenti o riunioni aziendali online con clienti, soci e collaborari .
Quando si parla di videoconferenza, sicuramente il primo strumento che viene in mente è Skype , software che per molti era rimasto inutilizzato negli ultimi anni, soppiantato da messaggini Whatsapp e social, ma che improvvisamente viene riscoperto essere un prezioso alleato che, anche nella configurazione base (gratuita) permette di effettuare chiamate e videochiamate di gruppo in maniera semplice, con limitazioni che comunque permettono a qualsiasi PMI o piccolo gruppo classe di poter svolgere tranquillamente lezione, consentendo anche di visualizzare ciò che avviene sul desktop del relatore.
Zoom è una piattaforma web che permette di svolgere videoconferenze fino a 100 partecipanti nella versione gratuita, con durata massima di 40 minuti. Anche in questo caso si tratta di uno strumento professionale, molto comodo per gestire meeting di lavoro anche con decine di partecipanti.
E allora dove sono i problemi?
Apparentemente nessuno, almeno in teoria. Sicuramente tutti questi strumenti sono ottimi, garantiscono alti standardi di sicurezza e sono affidabili.
Nella pratica invece, a causa dell’aumento del traffico dati sulla rete di queste ultime settimane, dovuto all’incremento delle attività di smart working (con conseguente aumento del traffico sulle utenze internet domestiche,anche in orari d’ufficio) e dell’utilizzo massiccio di piattaforme online di intrattenimento da parte di chi è costretto a rimanere in casa, spesso le videoconferenze diventano un vero e proprio incubo: disconnessioni ed interruzioni o rallentamenti nel flusso audio/video provocano stress e rischio di calo dell’attenzione nei partecipanti .
Se poi aggiungiamo il fatto che diversi Paesi nel mondo stanno iniziando ad applciare misure di lockdown (e quindi si prevede un massiccio aumento dello smart working e del carico sui server di queste piattaforme internazionali di comunicazione ) allora forse conviene iniziare a pensare ad un piano B
Per risolvere questa situazione, sono nati diversi progetti su base volontaria, come https://iorestoacasa.work/ : il sito propone una lista di server Jitsi e Multiparty Meeting (due soluzioni web based, Open Source, per videoconferenze) a cui è possibile accedere gratuitamente per poter realizzare videoconferenze.
La cosa davvero interessante di questo progetto è il fatto che chiunque abbia a disposizione un server con alcune caratteristiche minime può contribuire.
Per l’installazione di un server Jiits Meet, le caratteristiche richieste sono:
• IPv4 statico (possibilmente in un datacenter italiano, in modo da limitare il traffico dati su reti internazionali e quindi ridurre possibili rallentamenti)
• connessione 100 Mbps simmetrica (meglio 1 Gbps, ogni utente occupa circa 4 Mbps)
• 4 CPU server grade (Xeon o analogo)
• 4GB di RAM
Per quanto riguarda gli utenti , viene invece consigliato , per avere il servizio migliore, di attenersi alle seguenti indicazioni:
- preferire la connessione via cavo al WiFi
- ogni utente deve assicurarsi di avere a disposizione almeno 4Mbps in upload e download
- dotarsi di cuffie
- spegnere la webcam se non si sta parlando (in modo da limitare il consumo di banda )
- accendere il microfono solo quando si parla (in Jitsi la barra spaziatrice funge comodamente da “push to talk”)
- abbassare la qualità video nelle impostazioni (per ridurre il traffico dati)
E ovviamente, visto che la lista dei server che volontariamente hanno aderito al progetto è davvero lunga, il mio consiglio è quello di scegliere un server italiano (nella numerosa lista dei server disponibili) in modo da ridurre al minimo il tragitto dei pacchetti dati, con un miglioramento del servizio.
Buon SMART WORKING e buona videoconferenza a tutti!